Il gruppo Tamburi di San Gimignano nasce nell’anno 2001 all’interno dell’Associazione “Cavalieri di Santa Fina”, dall’esigenza della stessa di avere un gruppo di tamburi che scandisse i tempi per la sfilata del corteo storico.

Esso si compone di 18 elementi che suonano tre diversi tipi di tamburi, grazie alla cui interazione riescono a creare ritmi e sonorità di grande effetto. I tamburi sono in legno con tiranti in corda di canapa e pelli di asino e sono suonati da battenti con la testa di panno.

Nato col semplice, ma fondamentale, ruolo di accompagnare e gestire il corteo scandendo il passo, nel tempo si è evoluto grazie all’impegno, alla passione e all’affiatamento dei suoi componenti, ampliando il proprio repertorio con nuovi ritmi ed alcune coreografie, allo scopo di poter offrire una maggiore varietà di suoni, colori e atmosfere.

Oggi il gruppo svolge il suo ruolo originale all’interno dell’Associazione, soprattutto nei giorni dell’annuale rievocazione storica “Ferie delle Messi” durante la quale si possono sentire i tamburi e le quattro chiarine, che da alcuni anni collaborano col gruppo, suonare per le vie della città quasi in ogni momento del giorno; ma ha preso parte nel corso degli anni a numerose manifestazioni storiche svoltesi in altre città d’Italia e all’estero. Una su tutte la cittadina tedesca di Meersburg, sul Lago di Costanza, gemellata con San Gimignano, dove si svolge annualmente una Festa Medievale a cui il gruppo partecipa da diversi anni riscuotendo grandi consensi.

Il gruppo degli Sbandieratori dei Cavalieri di Santa Fina nasce nel 2013 e diventa parte integrante dei Tamburi, formando insieme il gruppo “Tamburi e bandiere di San Gimignano”, con un proprio vessillifero.

Il gruppo degli Sbandieratori indossa monture del 13 secolo, il loro stile si avvicina alle movenze militari dell’Alto Medioevo.

Gli sbandieratori nacquero alla fine del XII secolo come “segnalatori” durante il periodo di guerra. La presenza della bandiera tra le truppe comunali era il segno dell’orgoglio cittadino ed esprimeva un’esigenza tattica, come punto di riferimento durante il combattimento. Gli sbandieratori, infatti, servivano per comunicare con i reparti attraverso lanci e sventolii dei vessilli, indicando, in questo modo, l’attimo più propizio per l’attacco, i movimenti da effettuare con le truppe e le fasi salienti della battaglia, secondo un codice ben preciso. Il telo della bandiera era realizzato con una striscia di stoffa o di pelle in diversi e molteplici colori, in modo tale che gli sbandieratori potessero essere riconosciuti dalle proprie truppe.

Il maneggio delle bandiere era affidato a bravi militi che avevano il compito di difendere le proprie insegne sino alla morte. Dovevano essere fedeli, discreti ed ingegnosi oltre che istruiti in diverse lingue per comunicare coi nemici sul campo di battaglia. Se i nemici catturavano uno sbandieratore, questi, nonostante violenze e torture, non doveva assolutamente rivelare i segreti e i segnali che gelosamente custodiva. Nelle accademie militari e nei collegi di educazione militare veniva insegnata “l’arte di maneggiar vessillo”, poiché i Signori d’Italia vedevano in questo un nucleo di difensori utili al mantenimento del proprio principato.

Presso le corti dei grandi Principi italiani era frequente l’esercitare dei giochi di bandiere in modo da intrattenere i cavalieri e le dame.

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